Una fiera d’altri tempi…

 

di Aidi Pasian e Pierluigi Cibin

 

È ritornata agli antichi ‘fasti’ la Fiera di San Martino organizzata dalla Pro Loco di Torre di Mosto, e giunta nel 2021 alla sua 17a edizione, per festeggiare ancora una volta il Santo Patrono, in quello che è ormai diventato uno dei momenti salienti dell’anno, non solo per la popolazione locale, ma anche per quanti giungono da fuori paese per partecipare a questo apprezzato appuntamento del territorio.

L’evento, organizzato nella giornata di domenica 7 novembre, ha visto protagoniste nel centro del paese molte associazioni o aziende, che hanno consentito al pubblico la degustazione e vendita i prodotti locali tipici, di accedere all’esposizione di animali e di assaporare non semplicemente gusti e sapori di un tempo, bensì anche i ‘valori’ che da sempre animano la gente di questo territorio.

L’Associazione “G.R.I.L. Basso Piave”, da molti anni ormai, accoglie la proposta, rivoltale dal locale GruppoPecore Nere” di partecipare alla manifestazione, creando una meravigliosa sinergia e rilanciando così il preciso messaggio identitario che proviene da questa terra.

Il centro cittadino, attraverso la sua piazza nonché le vie adiacenti, è diventato la scena aperta di un unico grande quadro ambientale, all’interno del quale l’Associazione “G.R.I.L. Basso Piave”, come di consueto, ha inteso rappresentare uno spaccato di vita quotidiana di un tempo (primo trentennio del ’900), con uomini e donne intenti a lavorare secondo i ritmi, gli ambiti di intervento e i ruoli spettanti all’interno di quella microsocietà che era un tempo la famiglia colonica.

Ecco, allora, nello spazio quotidiano destinato alle mansioni femminili, alcune donne intente a lavorare a maglia, sfruttando con abilità il ‘guccio’, lo strumento fatto di cartocci intrecciati che serviva a chi lavorava la lana per trattenere bene e fisso sotto l’ascella un ferro da calza, così da muovere liberamente solo gli altri; oppure altre intente a rammendare calze e cuciva gli indumenti dei familiari, e naturalmente ogni donna era sempre dotata del necessario (aghi, ditale, spagnolette, rocchetti, gomitoli da rammendo, e ogni cosa era contenuta all’interno di ceste da lavoro fatte con i vinchi).

C’era spazio anche per realizzare bamboline di lana, giusto per far capire alle giovani come niente andasse perduto, perciò perfino gli scarti della lavorazione della lana non venivano gettati, ma assolutamente riutilizzati, per insegnare alle bambine come si potevano realizzare anche delle bellissime bamboline in miniatura. Le nonne erano, poi, le depositarie di una conoscenza praticamente infinita, che spaziava dalla cura della casa (lavare, per esempio, gli indumenti con la liscivia di cenere) alla cura degli animali da cortile (galline, oche, anatre, tacchini, conigli…), che si dovevano poi scuoiare ed eviscerare sapientemente, prima che potessero diventare commestibili!

Analoga ricchezza di apprendimenti proveniva dai nonni, ai quali veniva demandato tutto il sapere legato ai mestieri più inerenti all’azione maschile, sviluppata nell’ambito della stalla o del campo: tra le loro mani potevano, allora, prendere forma tanto attrezzi da usare per tutte le mansioni più quotidiane (ad esempio, un semplice rastrello), come sedie impagliate con lo strame o, ancora, piccoli giocattoli per i nipotini, tutti rigorosamente creati adoperando il legno o altri materiali presenti in palude (semplici cavallini realizzati con la canna palustre, per esempio)… Per non parlare poi degli strumenti più complessi, nati da una fervida capacità inventiva, come quello adottato per realizzare la corda per saltare, di fatto il ‘gioco di comunità’ più usato dagli adolescenti!

La famiglia caratteristica del territorio di palude ha costituito sempre un nucleo socio-economico autonomo e straordinariamente autosufficiente, grazie alla sapiente gestione delle risorse che la natura, certamente, generava, ma spettava poi all’uomo riuscire a beneficiarne. E tanto profondamente connaturati erano tali archetipi nella gente della palude che, nonostante la grande opera di bonifica effettuata in seguito nel Basso Piave, la struttura tipica di questa famiglia si mantenne saldamente e si ripresentò all’interno della casa colonica che (come avveniva negli antichi casoni), nei valori identitari di fondo, ha continuato a mantenere una struttura complessa, soprattutto se si pensa al numero dei componenti che la caratterizzò fino agli anni Cinquanta dello scorso secolo.

 

L’Associazione “G.R.I.L. Basso Piave” ringrazia sentitamente il GruppoPecore nere” per aver offerto ancora una volta al pubblico, nel solco di una ormai lunga tradizione, l’opportunità di collaborare in modo sinergico alla buona riuscita di questa particolare manifestazione, unica nel suo genere all’interno del territorio del Basso Piave.

Un plauso, invece, alla Pro Loco di Torre di Mosto che l’ha resa possibile, nonostante tutti i limiti imposti dall’attuale situazione pandemica.

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